Circa 400 anni fa, un chirurgo francese, Ambroise Paré descrisse la riduzione di un’ernia inguinale incarcerata in un bambino e l’applicazione del “cinto erniario”. Egli intuì che l’ernia inguinale nei bambini era probabilmente di natura congenita e che poteva essere curata. Negli anni seguenti furono tentate varie tecniche per curare l’ernia in modo conservativo (cioè non chirurgico) fino a quando si capì che l’unico trattamento possibile era quello chirurgico che garantisce la guarigione dell’ernia e previene le complicanze come l’incarceramento e lo strangolamento.
Quello che definisce il carattere congenito di queste ernie è la persistenza di un condotto che, nel maschio come nella femmina, si costituiscono durante il periodo fetale da una estroflessione “a dito di guanto” del peritoneo per consentire al testicolo di raggiungere lo scroto e, nella femmina, l’ancoraggio del legamento rotondo dell’utero. Questo condotto, che prende il nome di “dotto peritoneo-vaginale” nel maschio e di canale di Nuck nella donna, dopo avere assolto a queste funzioni va incontro ad involuzione e già nel neonato a termine non dovrebbe essere più presente. La sua mancata regressione comporterà invece la comparsa di un’ernia inguinale obliqua esterna o indiretta o congenita la cui manifestazione clinica può verificarsi dal primo giorno di vita fino all’età adulta. Infatti, la maggior parte delle ernie che sono presenti alla nascita o durante l’infanzia sono ernie inguinali indirette o oblique esterne.
Quando all’interno di questo condotto penetra un organo endoaddominale, come l’intestino o l’omento, si verifica quel gonfiore inguinale (Foto 1) che rappresenta la manifestazione clinica dell’ernia.
Il progredire di questa condizione porta i visceri a spingersi fin dentro lo scroto nel maschio (Foto 2) e nel grande labbro nella donna (Foto 3).
Quando il condotto peritoneale viene “colonizzato” da organi endoaddominali, prende il nome di “sacco erniario” con un colletto rappresentato dall’ingresso sul versante addominale e sede dello strangolamento erniario, da un corpo e da un fondo che può spingersi fino a ridosso del testicolo nel maschio e nel grande labbro nella femmina.
D’altra parte può anche succedere che il condotto abbia l’ingresso obliterato dai muscoli della parete addominale. Ciò impedisce la protrusione degli organi addominali (e quindi la manifestazione dell’ernia) anche per molti anni e fino all’età adulta.
La mancata chiusura del dotto può comportare non solo un ernia inguinale, ma anche la comparsa o la persistenza di un idrocele, cioè di fluido endoaddominale che attraverso il dotto raggiunge lo scroto e viceversa. Questo tipo di idrocele è definito comunicante ed è quello più frequente (Foto 4).
Quando il dotto peritoneo-vaginale è chiuso sul versante addominale l’eventuale fluido presente all’interno della vaginale del testicolo rimane intrappolato dando luogo a quello che viene definito idrocele non comunicante.
Un’altra manifestazione clinica nel maschio dovuta alla incompleta chiusura del dotto è la cosiddetta “cisti del funicolo” rappresentata da una dilatazione (contenente liquido peritoneale) della porzione intermedia del dotto stesso (Foto 5).
Questa condizione, frequente nei neonati maschi, tende a risolversi spontaneamente entro i primi 6-12 mesi di vita. Al contrario, la comparsa di un idrocele dopo i 12 mesi di età fa sospettare la presenza di una comunicazione con la cavità addominale attraverso un dotto peritoneo-vaginale aperto e questo quadro va interpretato come un’ernia inguinale.
Le ernie sono presenti nell’1-5% dei bambini con una prevalenza del sesso maschile (1F/6-8M). Il 60% interessa il lato destro. I bambini nati prematuri hanno un’incidenza maggiore stimata nel 2% delle femmine e nel 7-30% dei maschi. Inoltre, il 5% di tutti i maschi manifestano un’ernia durante la loro vita.
L’ernia è generalmente asintomatica e, specie all’esordio, l’unica manifestazione clinica è rappresentata dalla tumefazione inguinale saltuaria o persistente spesso notata dal genitore. La visita da parte del pediatra e quindi del chirurgo pediatra permettono di definire una corretta diagnosi clinica e il trattamento chirurgico del caso.
Il contenuto dell’ernia è rappresentato dal tipo di viscere (più spesso intestino tenue ed epiploon o l’ovaio nella femmina) presente nel sacco (Foto 6, 7, 8, 9).
La tumefazione è più evidente durante gli aumenti della pressione endoaddominale come durante gli sforzi fisici, il pianto, la tosse, la defecazione etc. La tumefazione spesso tende a sparire (ridursi) spontaneamente, o passando dalla stazione eretta a quella supina o con adeguata spremitura manuale (per taxis).
L’intervento chirurgico è l’unica soluzione terapeutica possibile per l’ernia inguinale e l’indicazione al trattamento è posta nel momento stesso in cui viene confermata la diagnosi di ernia inguinale.
Prima dell’intervento il chirurgo valuta il volume e l’estensione dell’ernia, la presenza ed il tipo di visceri erniati, la loro riducibilità, etc.
La preparazione all’intervento prevede un prelievo di sangue per la determinazione dell’emocromo e della coagulazione, l’elettrocardiogramma con visita cardiologica. Altri accertamenti diagnostici e la visita anestesiologica preliminare saranno richiesti solo in situazioni particolari.
Non è necessaria alcuna preparazione particolare all’intervento chirurgico tranne il digiuno assoluto anche all’acqua da almeno 6 ore prima dell’orario fissato per l’intervento.
L’intervento chirurgico viene eseguito in anestesia generale con blocco loco regionale (in questo caso ileo-inguinale) ed in regime di Day Surgery per cui il paziente viene dimesso qualche ora dopo l’intervento stesso. La durata dell’intervento è di circa 10-20 minuti e consiste nell’individuare, attraverso un’incisione inguinale, il sacco erniario e di isolarlo, nel maschio, dagli altri elementi del funicolo spermatico (Foto 10, 11).
A questo punto il sacco viene sezionato (erniotomia) e legato (erniorrafia) alla sua origine dal peritoneo parietale. La procedura chirurgica viene completata con la chiusura della breccia e con una sutura intradermica ed una medicazione semplice.
Il decorso postoperatorio non prevede precauzioni particolari. Il bambino riprende ad assumere liquidi dopo un’ora dal rientro in reparto e subito dopo riprende la sua alimentazione abituale. La dimissione avviene dopo qualche ora e comunque dopo controllo medico e nel rispetto delle norme che regolano la Day Surgery. Ai genitori viene raccomandato di mantenere la medicazione per una settimana e, quindi, di sottoporre il piccolo ad un bagno o doccia integrale durante il quale verrà rimossa la stessa medicazione. Unica raccomandazione è che, per i bambini più grandi, eventuali attività sportive devono essere riprese dopo un mese dall’intervento e comunque dopo conferma al controllo medico postoperatorio previsto a distanza di 10-15 gg dall’intervento.
La cicatrice non prevede alcun trattamento particolare se non la protezione dai raggi solari diretti durante il periodo estivo. D’altra parte, l’incisione chirurgica viene eseguita a livello di una plica cutanea per essere nascosta dallo slip o dal costume da bagno e per essere comunque poco visibile a guarigione completa.
Complicanza: lo strozzamento
La mancata riduzione accompagnata da tensione e dolore della tumefazione deve fare sospettare alla complicanza più temibile dell’ernia e cioè allo strangolamento o alla cosiddetta “ernia strozzata”. Questa si determina per la compressione che, a livello del colletto del sacco erniario, si determina sui vasi sanguigni che irrorano il viscere all’interno del sacco erniario stesso. Questa compressione dei vasi sanguigni determina l’arresto del circolo sanguigno e la necrosi (morte) del viscere all’interno del sacco erniario (Foto 12, 13).